2001 – In marcia contro l’impero

Il 2001 è un anno denso e pieno di eventi importanti, un anno lungo ed al tempo stesso caoticamente veloce. Le varie sedi dell’associazione partecipano attivamente, ognuna con le sue specificità alle iniziative delle tute bianche.

A Porto Alegre in Brasile dal 31 gennaio al 5 febbraio 2001 migliaia di delegati da ogni parte del mondo danno vita alla Prima Edizione del World Social Forum in concomitanza con il Forum di Davos. Una babele di linguaggi che rappresentano i molti volti del movimento no global, strane modalità di discussione, che a volte ci lasciano a dir poco perplessi. In ogni caso tra gli appuntamenti condivisi viene lanciata la contestazione del vertice G8 che si terrà a Genova nel luglio.

Per noi l’anno inizia con la partecipazione ad un’assemblea delle tute bianche a cui partecipiamo per discutere delle prossime tappe verso le mobilitazioni a Genova contro il G8.

MARCHA DEL COLOR DE LA TIERRA

La prima tappa che coordiniamo è la partecipazione italiana alla Marcia degli zapatisti in Messico alla fine di febbraio.

24 comandanti dell’EZLN partono il 26 febbraio 2001dal Chiapas per raggiungere Città del Messico e portare al Parlamento la richiesta di riconoscimento degli Accordi di San Andres.

Ad accompagnare l’uscita dell’EZLN una folta delegazione di tute bianche, “los monos blancos”, che parteciperanno così alla Marcia del Colore della Terra fino alla tappa finale l’11 marzo

Città del Messico.

Dopo la partecipazione alla Marcia zapatista siamo impegnati, insieme a molti altri a costruire le mobilitazioni a Genova contro il G8 mentre le notizie della repressione contro chi manifesta contro i vertici si fanno pressanti.

A marzo la manifestazione centrale dei 4 giorni di protesta a Napoli contro il terzo Global Forum sull’e.governament viene attaccata dalla polizia quando si avvicina alla zona rossa. Pestaggi e trattamenti violenti da parte delle forze dell’ordine saranno denunciati dagli arrestati e fermati.

Ad aprile a Quebec City in Canada circondato da un muro, ben presto definito “muro della vergogna” si svolge il Vertice delle Americhe. Ai manifestanti che giungono da oltre confine il governo canadese cerca di sbarrare il passo, chiudendo le frontiere. Questo non impedirà che per 3 giorni la città si riempia di azioni e proteste per un continente diverso. Rompere il muro della vergogna, aprire dei varchi, sono il modo per affermare un altro mondo possibile. Diverse forme d’azione si mescolano facendo di Quebec un ulteriore tappa di crescita del movimento.

Tornate dal Messico le tute bianche aprono la discussione sul che fare a Genova  per le giornate di contestazione alla riunione del G8, ovvero dei rappresentanti degli otto paesi considerati i più importanti del mondo.

La preparazione delle contestazioni al G8 a Genova è l’occasione di una discussione costante, allargata su come organizzare le giornate di protesta. Bloccare, disturbare e assediare la “zona rossa”, che si vuole costruire intorno ai luoghi del vertice, sono questi gli argomenti che si affrontano dentro il Genova Social Forum, aggregazione nata per coordinare le iniziative a Genova ed in tutte le città.

A metà giugno a Gotenberg durante le contestazioni al vertice UE un manifestante resta in fin di vita.

Dopo la Consultazione su cosa fare a Genova, lanciata al ritorno dal Messico, su cosa fare, le tute bianche lanciano la Dichiarazione di Guerra, che tanto fa discutere e poi il Patto con la città, che passa un po’ più in sordina, ovviamente. Intanto il nuovo governo Berlusconi prepara la militarizzazione della città.

GENOVA LUGLIO 2021

Arriviamo a Genova con i treni occupati.

Il 19 luglio iniziano le giornate di Genova con il corteo dedicati ai diritti dei migranti.

Il 20 luglio iniziano le proteste contro la zona rossa istituita per il vertice del G8. Dallo Stadio Carlini, diventato il punto di riferimento della disobbedienza alla zona rossa, parte un corteo di migliaia di persone. Dalle tute bianche si è sviluppato uno spazio politico più ampio: i disobbedienti.

Il corteo in via Tolemaide, ancora nel percorso autorizzato, viene caricato. Si resiste con determinazione. In Piazza Alimonda viene ucciso dai carabinieri Carlo, Carlo Giuliani. 

Il 21 luglio il corteo enorme, viene attaccato in ogni modo.

Nella notte la violenza barbara della polizia irrompe con inaudita nella scuola Diaz e dopo continua a massacrare i manifestanti fermati nelle caserme e nel carcere di Bolzaneto.

Il ritorno da Genova è un susseguirsi di iniziative nelle piazze per affermare la verità sulla morte di Carlo, sgretolando il muro delle falsità, per rivendicare il diritto a resistere praticato in migliaia nelle strade del luglio genovese.

Dallo Stadio Carlini siamo usciti senza le tute bianche per far parte di chi condivideva la scelta della disobbedienza alla zona rossa.

Da allora la strada dell’Associazione Ya Basta sarà all’interno dei percorsi dei disobbedienti. Uno spazio politico non un coordinamento, una sperimentazione continua di far vivere la disobbedienza come pratica dei conflitti.

Poche righe non racchiudono certo tutte le sensazioni, le storie di quelle giornate … ognuno può aggiungere del suo.

11 SETTEMBRE NOT IN MY NAME

Mentre ancora avevamo negli occhi le immagini e le sensazioni di Genova, anche noi d’improvviso ci troviamo incollati alla televisione l’11 settembre a vedere scorrere in un replay infinito le immagini delle torri gemelli che crollano a New York.

“Né Bush né Bin Laden!” diventa un primo slogan per rivendicare una alterità totale, per coniugare disobbedienza, diritto alla resistenza, alla diserzione dalla guerra, per non piegarsi all’arruolamento forzato che viene proposto come orizzonte unico.

La guerra al terrorismo declinata come forma totalizzante del sociale. Rompere questa gabbia ci porta a scendere nelle strade, a partecipare alla Marcia Perugia-Assisi per criticare l’ambiguità di chi a sinistra avvallando la Coalizione del Bene si prepara a votare l’utilizzo di militari italiani in Afghanistan con la benedizione ONU.

Il 10 novembre a Roma siamo in migliaia a manifestare contro la guerra proprio nel giorno in cui la fanfara del centrodestra chiamano a raccolta per sostenere la guerra.

Il 17 novembre diamo il nostro contributo alla Giornata della disobbedienza alla guerra. Quelle centinaia di iniziative in tutta Italia dimostrano che la “disobbedienza” non è una concertazione di sigle ma può essere lo spazio del protagonismo attivo che interpreta il rifiuto della guerra come apertura dei conflitti sociali e rifiuto di ipocrisie ed ambiguità.

Quando vivi eventi di questa portata in diretta non ne puoi comprendere la portata: quel che successe in quei mesi segnava un radicale cambio di molte cose, l’inizio di un nuovo millenio, di una nuova era, ma allora era difficile comprendere appieno.

Certo una cosa la capivamo il mondo non sarebbe più stato lo stesso.

IN PALESTINA

A dicembre, per la fine dell’anno, decidiamo di partecipare ad una delegazione di massa in Palestina lanciata da Action for Peace, una coalizione europea ed italiana di gruppi e comitati a sostegno della lotta palestinese-

Alcuni di noi avevano avuto modo di seguire le vicende palestinesi fin dalla prima Intifada, ma ci pareva significativo dentro l’era della guerra globale, andare dove guerra-occupazione-apartheid si saldano.

Questa nostra esperienza ci porterà ad avere negli anni seguenti una parte di cuore che guarda alla Palestina, ma più in generale alle sponde del Mediterraneo, a quel luogo in cui nonostante ipocrisie, strumentalizzazioni, cinismi di ogni tipo, continua ad esistere una storia di resistenza che si confronto con le sperimentazioni più moderne.

Dalla settimana di partecipazione alle iniziative, alle azioni contro i check point, alle manifestazioni, agli incontri con palestinesi ed israeliani dissidenti, portiamo a casa la voglia di non girare lo sguardo su questo pezzo di mondo a noi così vicino.

L’anno finisce anche con le immagini delle piazze argentine riempite dal grido ¡Que se vayan todos! con piquetes e cacerolazos per protestare contro tutta la classe politica per la crisi economica che si è abbattuta sul paese.  

In Chiapas inizia il progetto El Estadio del Bae, in ricordo di Francesco Romor, el Bae come lo chiamavano i suoi amici, promosso dai suoi compagni di curva del VeneziaMestre. Un progetto a cui collaboreremo attraverso le sue varie evoluzioni negli anni seguenti.


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