1998 – Siamo tutti clandestini

L’anno si apre con le mobilitazioni in Messico, nel mondo ed anche in Italia per denunciare le responsabilità per la strage di Acteal. Dopo la giornata di mobilitazione del 12 gennaio, che vede l’occupazione del Consolato messicano a Venezia e della Sede del Turismo a Roma, il 24 gennaio sempre a Roma si svolge una grande manifestazione nazionale a cui partecipano migliaia di persone da tutta Italia.

PRIMA CCIODH  – Commissione Civile di Osservazione per i Diritti Umani in Chiapas

Sull’onda di quanto sta succedendo in Chiapas dal 16 al 24 febbraio 1998 si svolge la prima Commissione Civile di Osservazione per i Diritti Umani in Messico in Chiapas:  in forma autonoma 210 persone di 11 paesi, rappresentanti di ONG, università, associazioni, collettivi, partiti politici danno vita ad una struttura capace di elaborare, nel suo soggiorno in Messico, una delle più complete inchieste su quanto sta avvenendo nel paese. Noi dall’Italia partecipiamo.

UN PONTE IN VOLO  – Todos somos indios de el mundo  – Viaggio in Chiapas e espulsione dal Messico

Tornati a casa decidiamo di andare oltre, di tornare in Chiapas dichiarando apertamente da che parte stiamo, di fare una carovana, Ponte in volo l’abbiamo chiamata, nelle zone zapatiste per denunciare la guerra sporca del governo messicano per sconfiggere l’Ezln.

Dal 14 aprile al 3 maggio 1998 più di 200 persone coordinate da Ya Basta raggiungono il Chiapas contro la presenza dei gruppi paramilitari. Sono ben visibili, indossano una pettorina gialla con scritto Todos somos indios.

Dopo aver visitato le comunità nella zona Altos e Selva, decidiamo di raggiungere Taniperlas, villaggio nel quale vivono assediate dai paramilitari, un centinaio di donne zapatiste.

Quando arriviamo sulla strada che porta a Taniperla la troviamo sbarrata dal posto di blocco dei  militari dell’Esercito.

Decidiamo di fare la cosa più naturale: forzare il posto di blocco.

Un atto di disobbedienza fatto marciando con i fiori in mano, oltrepassando il posto di blocco dell’esercito per avviarci a piedi verso quella località che simboleggia la violazione dei diritti umani. Raggiungiamo Taniperla dove incontriamo le donne, rompendo l’assedio dei paramilitari.

La reazione del corrotto potere messicano non si fa attendere: una sessantina di noi sono espulsi a vita dal paese ed altri 140 si beccano l’espulsione per 10 anni.

Rispediti in Europa con un volo speciale, ci fiondiamo al Parlamento Europeo dove si sta discutendo il famoso accordo tra Unione Europea e Messico. Facciamo sentire la nostra voce anche lì per riaffermare che gli interessi economici non possono valere di più dei diritti umani.

TRIESTE NO AI CPT

Durante l’estate, mentre continuiamo a mobilitarci contro le nostre espulsioni dal Messico, all’interno della legge Turco Napolitano introdotta in Italia dal governo di centrosinistra, vengono istituiti i Centri di Permanenza Temporanea per cittadini migranti.

Nell’estate a luglio il ministro Napolitano inaugura a Trieste il Centro immigrati. Ci vuole poco a capire che quella gabbia, nascosta nel Porto Vecchio di Trieste aprirà la strada al tentativo di aprire ovunque luoghi di reclusione etnica per migranti.

Il 24 ottobre 1998 partecipiamo a Trieste alla manifestazione nella giornata dedicata alla morte di Semira Adamu, uccisa mentre veniva espulsa dal Belgio.

Alla testa del corteo manifestanti in tuta bianca, protetti da scudi di plexiglass, resistono alle cariche della polizia e così ci si conquista il diritto di entrare nel Centro di Detenzione per migranti del Porto Vecchio per denunciarne l’illegalità.

Il Centro a Trieste verrà poi chiuso.

Da quella giornata la battaglia contro i CPT sarà un punto fisso nell’azione dell’Associazione Ya Basta e ovviamente non solo nostro.

In quei mesi partecipiamo alle discussioni che portano numerosi centri sociali in Italia alla stesura collettiva della Carta di Milano , discussa il 19 settembre 1998 al Centro Sociale Leoncavallo a Milano. Sarà all’interno di questo spazio politico che ci collocheremo.

DIRITTI A VALONA

Per il 12 dicembre 1998, anniversario della strage di Piazza Fontana, cerchiamo di andare oltre la ritualità delle commemorazioni. Se di stragi di stato vogliamo parlare, guardiamo a quelle che vengono avvengono ora. Nel mare che separa l’Italia dall’Albania pochi mesi prima, a marzo, sono morti un’ottantina di donne e uomini che con la nave Kate I Rades, speronata da una nave della marina italiana, cercavano di arrivare sulle nostre coste.

In nome della difesa delle frontiere si sta trasformando il Mediterraneo in un mare di morte. Non è forse questa la faccia attuale delle stragi di stato?

Questi sono motivi che ci spingono, insieme ai Centri Sociali della Carta di Milano, al cui interno anche noi ci collochiamo, a lanciare l’idea di una nave che faccia il viaggio all’incontrario per affermare come cittadini europei che l’accoglienza, i diritti universali di cittadinanza sono valori fondanti dell’Europa che vogliamo.

Nasce così Diritti a Valona. Insieme Centri sociali della Carta di Milano in collaborazione con Il Manifesto, Carta con l’appoggio di diverse città come Palermo, Venezia etc .. prima occupiamo i treni per raggiungere Brindisi e da lì salpiamo per l’Albania. Con noi c’è una delegazione dei familiari degli scompariùsi della Kate I Rades. A aspettarci all’arrivo a Valona il ministro della cultura albanese Edi Rama, il sindaco Niki Drehda ma soprattutto al molo e poi nello stadio abbellito a festa tanta gente, la comunità albanese. Nell’incontro verrà siglato il Patto di Valona, per un Europa diversa, quella dei diritti.

Si chiude così un anno che ci ha portato dalla Selva messicana all’Albania, passando per i Centri detentivi in costruzione in Italia, gridando “La nostra Europa non ha confini, siamo tutti clandestini”.


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