Bielorussia – La voce delle proteste

La Bielorussia? Un nome che a volte è accompagnato da brevi trafiletti che parlano di proteste. Ma chi protesta? Perchè? Cosa sta succedendo? Ed ancora … noi c’entriamo?
Sono queste le domande che hanno portato all’articolo che vi apprestate a leggere, nato dalla voglia di lasciare la parola ai diretti protagonisti: le attiviste di Supolka, giovani e studenti. Parlando con loro, le bielorusse della diaspora, che animano con determinazione associazioni come Supolka e ascoltando i racconti dei giovani bielorussi, si capisce tanto, più che da qualsiasi saggio.
Perchè i sentimenti, i desideri, le speranze, l’ostinazione sono tasselli fondamentali della storia che si sta scrivendo in questo paese lontano ma vicino.

Iniziamo con un quadro d’insieme della situazione tratto dalla partecipazione di una attivista di Supolka durante una lezione del Corso Sistema politico dell’Unione Europa all’Università di Padova.
“Sono ormai passati più di 8 mesi dall’inizio delle proteste pacifiche contro la dittatura in Bielorussia, paese a due ore di volo dall’Italia, nel mezzo degli ex paesi dell’Urss come Ucraina, Lituania e Lettonia, con ad ovest la Polonia e la Russia ad est. Un paese che è una specie di confine tra Europa e Russia, con 9 milioni e mezzo di cittadini. Nella capitale Minsk vivono 2 milioni di abitanti.
Lukasenko è al potere da 26 anni. Come mai? È arrivato al potere dopo caduta dell’Urss, promettendo benessere ed una vita migliore, facendo leva soprattutto sulla lotta contro la corruzione in politica. Al potere c’è rimasto, grazie all’eliminazione sistematica degli oppositori e agli equilibrismi che ha maneggiato nello scacchiere geopolitico regionale ed internazionale. Nel 2020 ad agosto ci sono state nuove elezioni, ma con i metodi soliti del regime, Lukasenko si è attribuito l’80% dei voti.
Questa volta però qualcosa si è rotto, come sempre accade quando una situazione arriva al limite.
Dal 9 agosto sono iniziate proteste pacifiche contro i brogli a cui il regime ha risposto con proiettili di gomma e arresti. In pochi giorni ci sono stati quasi sette mila arresti. Manifestanti ammucchiati nelle stanze dei carceri, picchiati e stuprati, sottoposti a vessazioni e torture. Questo non ha fermato le proteste, si è iniziato a scendere in piazza contro la repressione; di nuovo arresti. Le donne non sono state a guardare ed hanno iniziato ad animare ancora di più la protesta. Ufficialmente sono 4 le persone uccise dalle forze dell’ordine. Questo il dato ufficiale, ma in maniera informale si sa che i morti sono stati di più. Tanti gli attivisti condannati e le lunghe carcerazioni in isolamento.
I giovani vivono da protagonisti le proteste. 400 studenti sono stati arrestati, altri condannati e molti espulsi dalle università, dove i rettori sono scelti da Lukasenko quindi fedeli al regime. Dopo l’espulsione sono costretti alla leva militare o a cercare rifugio all’estero.

Con gli studenti bielorussi.

Gli studenti hanno avuto un ruolo importante nelle proteste. Il costo che hanno pagato e stanno pagando è molto alto. Spesso vengono espulsi dalle Università dove studiano oppure si ritrovano costretti a fuggire all’estero. Oltre a questo sono colpiti da sanzioni penali, ingiustamente accusati e incarcerati. Ad oggi, sono numerosi gli studenti detenuti nelle prigioni bielorusse e non poche sono le vittime del terrore causate dal regime.
Nel video che vi proponiamo parlano in prima persona: raccontano la loro esperienza personale e collettiva, la repressione che li ha costretti a fuggire. Chiedono con chiarezza che ci sia un appoggio internazionale nei loro confronti anche con la possibilità di studiare all’estero.

Proprio dall’Università di Padova è stato lanciato un appello per fermare le gravi violazioni dei diritti umaniche il regime dittatoriale di Lukashenko sta perpetrando nei confronti di studenti e studentesse della Bielorussia. Molte le adesioni da altre università italiane: Venezia, Verona, Trento, Bologna, Firenze, Perugia, Palermo e l’Universita cattolica. Il numero totale delle firme raccolte ha superato un migliaio in pochi giorni e continua a crescere.

Intervista con Ekaterina Ziuziuk, presidentessa della Associazione Bielorussi in Italia “Supolka”

Per capire di più l’intera questione bielorussa, abbiamo avuto l’opportunità di fare una lunga intervista con la Presidente di Supolka, associazione dei bielorussi in Italia nata nell’estate scorsa per sostenere le proteste in patria. E’ stato un incontro molto interessante, non solo per comprendere la dinamica dei fatti ma anche per conoscere direttamente l’impegno coraggioso che gli attivisti della diaspora in Italia e in Europa stanno facendo quotidianamente per sostenere chi in patria cerca di cambiare le cose. Nell’intervista abbiamo toccato molti argomenti spaziando dall’inizio delle proteste nel momento delle elezioni truccate fino ad oggi, toccando anche temi quali il sistematico attacco alla libertà di stampa e la violenta repressione del regime per arrivare alle complicità internazionali, dettate da interessi geopolitici, che permettono ad un regime autoritario di continuare a restare al potere.

Come è nata Supolka?

La nostra associazione è nata da bielorussi che risiedono in Italia sull’onda di quello che è successo la scorsa estate nel nostro paese. Abbiamo scelto di chiamarci Supolka, che significa associazione in bielorusso. Già in maggio erano iniziate alcune iniziative delle diaspore in Europa, ad esempio in Germania. A giugno anche in Italia abbiamo iniziato a ritrovarci, dopo l’arresto di Viktar Babaryka, quando sono iniziate le proteste nelle strade principali della capitale a Minsk. In Italia abbiamo cominciato a cercare i gruppi di bielorussi.Quando, come attivisti, abbiamo iniziato a cercare di metterci in contatto tramite i social, inizialmente i post non venivamo approvati dagli amministratori e non circolavano. Ma non ci siamo persi d’animo e grazie alla creazione del gruppo Supolka su Facebook sono cominciate le prime manifestazioni di solidarietà. Il 22 giugno è stato creato il gruppo e il 28 si è tenuta la prima manifestazione a Bologna, in seguito sono state organizzate manifestazioni a cadenza settimanale fino al mese di agosto. A Milano e a Roma il 3 luglio, giorno della festa di indipendenza della Bielorussia, il 12 luglio è stato fatto un picchetto a Reggio Emilia perché c’è il consolato bielorusso, poi è stata la volta di Firenze e del Vaticano. Infine si è fatta una iniziativa congiunta in vista del sondaggio elettorale per tutta la durata delle votazioni, dal 4 fino al 9 agosto.

Dopo le manifestazioni dell’estate e autunno scorso, qual’è la situazione attuale e come continuano le proteste?

Ad oggi la situazione è un po’ cambiata rispetto ad agosto del 2020. Non ci sono più le manifestazioni di centinaia di persone, ma questo è dovuto ad un insieme di fattori. Le proteste con un gran numero di partecipanti in piazza sono andate avanti per più di due mesi, fino alla seconda metà di novembre. Poi hanno cambiato forma anche perchè la polizia agiva con sempre più violenza immotivata e sproporzionata. Nei primi mesi sono stati tantissimi gli arresti, le torture e violenze contro i manifestanti. La gente veniva picchiata al momento dell’arresto e poi in carcere. Le vittime causate dal terrore praticato dalle forze dell’ordine, secondo le stime forniteci dalle ONG, sono come minimo quattro. Si tratta dei quattro casi con prove inconfutabili della responsabilità della polizia, delle autorità nel provocare la morte dei manifestanti. Sono avvenimenti innegabili: ci sono registrazioni o filmati per lo più matoriali che hanno documentato il tutto. Ma purtroppo i morti sono un numero molto più elevato rispetto a quanto testimoniato in maniera inattacabile. Le persone venivano e vengono arrestate ogni fine settimana, la polizia usava le granate stordenti oppure le pallottole di gomma, che adesso non utilizza più. Una repressione molto dura. Poi, con il passare dei mesi, è arrivato il freddo ed anche il Covid-19. Molta gente non ha potuto più partecipare, nel senso fisico del termine.Così le proteste hanno cambiato forma: dalle grandi manifestazioni nelle strade si è passati a ritrovarsi in gruppi più piccoli, come con le marce nei cortili per poi creare video di protesta e mandarli alle testate giornalistiche. Si è cercato di inventare in maniera creativa tante forme di manifestare in diversamente.
Per esempio, un gruppo di pensionati, a fine febbraio, ha organizzato un flash mob che consisteva nel leggere su un treno regionale i libri realizzati dagli scrittori classici bielorussi. Sono stati arrestati, processati e condannati a due settimane di carcere con l’accusa di aver preso parte a una manifestazione non autorizzata.

Qual’è la situazione dell’informazione nel paese?

In Bielorussia esistono due tipi di stampa.
media governativi, posti sotto stretto controllo dello stato, ossia è il regime che assegna direttamente l’incarico ai dipendenti. Questi organi di stampa sono allucinanti perché divulgano in continuo “fake news”. Per esempio oggi c’è stato un reportage sulla diaspora in cui si diceva che gli attivisti all’estero, noi, siamo pagati per la nostra attività di protesta.
Dall’altro lato ci sono i giornali indipendenti che hanno la vita dura perché i giornalisti vengono continuamente arrestati mentre fanno il loro lavoro.
Ci sono diversi casi eclatanti successi tra estate e autunno. Quando c’erano ancora le manifestazioni, i giornalisti coprivano gli eventi e anche se erano muniti di accredito e giubbotto con la scritta “Press”, venivano attaccati ed anzi avere i simboli della stampa attirava ancora di più la repressione. I poliziotti agivano in maniera molto violenta, non di rado spaccavano le telecamere degli operatori dell’informazione. Ad oggi ci 11 i giornalisti in carcere ed uno è agli arresti domiciliari (i dati in continuo aggiornamento si possono trovare a questo link]. Le testate indipendenti hanno i siti internet oscurati, ci sono alcune testate indipendenti i cui redattori sono stati anche multati per i pezzi che hanno fatto.
Il 13 marzo è stato arrestato il giornalista Dzianis Ivanshyn in seguito all’inchiesta che aveva fatto denunciando come i militari del corpo militare ucraino Berkut, usato per sopprimere le proteste di Maidan nel 2014, dei veri criminali, erano fuggiti e ora vivono e lavorano nelle forze dell’ordine bielorusse. Aveva pubblicato due puntate della sua inchiesta, i pezzi erano fatti bene, non erano fake news inventate senza prove. C’erano screenshot di documenti interni delle forze dell’ordine, per esempio le graduatorie per l’assegnazione di case a queste persone. Aveva incrociato i dati e fornito le prove che erano le stesse persone, c’erano le foto in Ucraina e poi in Bielorussia. Aveva fatto una bella inchiesta ed è stato arrestato ed ora è in carcere. Un incarcerazione fatta per mettere a tacere il giornalista. E’ questa ormai una prassi consolidata.
Un altro caso è quello delle due giornaliste, Darya Chultsova e Katsiaryna Andreyeva, condannate perchè hanno trasmesso in streaming la manifestazione del 15 novembre scorso dedicata a Raman Bandarenka, ragazzo picchiato a morte dalle forze dell’ordine pochi giorni prima.
Ed ancora un’altra vicenda emblematica è quella di Katsiaryna Barysevich, la giornalista che ha scritto la verità sulla morte di Raman Bandarenka, che è stata arrestata e sta ancora scontando un periodo di reclusione. La versione ufficiale delle autorità era che il ragazzo era ubriaco, morto in una rissa. La giornalista ha intervistato il medico che ha fatto le analisi al giovane e che ha confermato che il referto che attesta che era sobrio. Il medico Artsiom Sarokin, che ha trasmesso il referto alla giornalista, è stato condannato a due anni e ha ricevuto una multa di 1450 rubli (circa 480 euro). E’ stato rilasciato dopo la senteza ma in teoria dovrebbe ritornare in carcere tra un anno.
Le testate indipendenti usano Telegram come mezzo di comunicazioni e possiedono un proprio canale. Un’altra cosa che il regime fa è quello di cercare di ostacolare la comunicazione tra i manifestanti bloccando le connessioni internet per impedire l’organizzazione delle proteste.
La libertà di stampa non esiste! Questo fa pensare ancora di più perchè la Bielorussia è un paese tecnologicamente avanzato, nella capitale di Minsk esiste un centro di ricerca e specializzazione tecnologica chiamato Hi Tech Park e lo sviluppo tecnologico è una delle voci importanti del PIL. Un paese che spesso viene ricordato come “l’ultima dittatura d’Europa” dall’altro lato è caratterizzato da un alto sviluppo di tecnologie informatiche. Nonostante questo il regime cerca di controllare ogni informazione.

Di fronte alle proteste cosa ha fatto l’Europa, chi sostiene il regime e qual’è il ruolo della Russia?

Quello che io vedo è che l’Europa parla ma non agisce. Le sanzioni che dicono di aver approvato non servono concretamente a nulla.
Le uniche persone che si mobilitano sono le diaspore che cercano di informare correttamente tutti quelli che sostengono il regime dittatoriale coscientemente o magari senza pensarci tanto, come ad esempio le banche che hanno fatto investimenti nei titoli di stato bielorussi. Una delle campagne che abbiamo fatto come diaspora è stata quella di informare correttamente i detentori dei titoli di stato su cosa significano per il popolo bielorusso. Quando il regime dittatoriale ha a disposizione questi soldi, come li spende? Li usa per pagare gli stipendi alle persone che picchiano e torturano i cittadini pacifici e indifesi, per dirla in breve. Abbiamo cercato di trasmettere queste informazione a quelli che avevano acquistato titoli di stato e alcune banche li hanno già venduti.
In Italia c’è il caso delle Assicurazioni Generali, che prima hanno dichiarato tramite un tweet che non erano in possesso di queste obbligazioni poi ci hanno risposto via mail dicendo di non essere in possesso dei titoli di stato bielorusso, ma non hanno confermato nè smentito se le avevano acquistate nel 2020.
Per quanto riguarda il sostegno della Russia al regime. Secondo me lo fa per due motivi principali.
Il primo è che la Russia ha una mentalità imperiale e quindi si vuole appropriare di ogni porzione di terra, come ha fatto attraverso l’annessione della Crimea. Se potessero vorrebbe inghiottire tutto il mondo. La Bielorussia fa comodo alla Russia perchè è quella zona che farebbe da cuscinetto in caso di aggressioni, come è già successo nella storia.
D’altra parte, visto il carattere dilagante della protesta bielorussa, la Russia ha paura che se il regime bielorusso cadesse questo potrebbe ispirare i russi a ribellarsi alla stessa maniera. Noi siamo in contatto con la diaspora russa che ha cominciato il suo movimento a fine gennaio con l’arresto di Navalny, ferreo oppositore di Vladimir Putin. La paura di Putin che i russi democratici si potrebbero ispirare ai bielorussi non è del tutto infondata, in quanto ci vedono come un esempio da seguire. Noi abbiamo conosciuto oppositori russi ed è vero che loro guardano a noi come un esempio.

Le proteste nascono attorno alle elezioni truccate dell’estate scorsa. Cosa è successo veramente?

Per capire l’attuale situazione in Bielorussia bisogna tornare a quello che è successo con le elezioni dell’agosto 2020. Che fosse chiara la volontà di Lukashenko di restare al potere ad ogni costo lo si è visto fin dall’inizio con l’ arresto prima di Siarhei Tikhanovsky e poi di Viktar Babaryka, nonostante le migliaia di firme a sostegno della sua candidatura. In Bielorussia bisogna essere incensurati per correre alle elezioni. Per cui Lukashenko per eliminare i rivali è ricorso all’arresto degli oppositori politici, in modo che avessero la fedina penale sporca. Oltre a questo per potersi candidare c’è, come in Russia, l’obbligo di raccogliere minimo 100 mila firme a sostegno della propria candidatura. Sono richieste 100000 firme lo stesso numero della Russia che è un paese molto più grande. Su una popolazione di 9 milioni non è certo poco dover raccogliere tutte quelle firme.
Alle elezioni come candidata alternativa al regime si è presentata la moglie di Siarhei Tikhanovsky, Svetlana Tikhanovskaya. Quando si è arrivati alle elezioni sono state fatte diverse azioni per cercare di impedire i brogli e per favorire la massima trasparenza.
Il giorno delle elezioni tutti quelli che avrebbero votato contro Lukashenko si sono presentati per le code ai seggi con un braccialetto bianco al polso. Erano tantissimi.
Si è caricato on line le foto della scheda con il voto contro il regime (da noi le foto nel seggio si possono fare), in modo che, anche se in forma parziale, sono stati raccolti dei dati.
Il terzo stratagemma messo in atto dagli oppositori è consistito nel piegare a fisarmonica la scheda elettorale. In questo modo allo spoglio dei voti erano immediatamente visibili le schede contro.
Nonostante fosse evidente che aveva perso, Lukashenko ha dichiarato di aver vinto con l’80% dei voti. Ci hanno messo una settimana a dichiarare i risultati ufficiale, il che è alquanto insolito visto che di solito la sera stessa vengono annunciati i risultati preliminari e la mattina del giorno dopo ci sono quelli ufficiali. Il risultato preliminare aveva già ipotizzato la vittoria di Lukashenko il che ha provocato l’ira delle persone in tutto il paese.
E’ stato anche richiesto di vedere i protocolli sulla conta dei voti e che lo spoglio elettorale fosse seguito da vicino dagli osservatori indipendenti. Si è scoperto che un sacco di schede elettorali erano state bruciate o truccate. Il Presidente di un seggio, Konstantin Shishmakov, è stato trovato impiccato in un bosco; si era opposto ai brogli elettorali nel suo seggio.
Gli osservatori indipendenti in Bielorussia
In teoria ai seggi avrebbero dovuto esserci degli osservatori indipendenti. Per farlo devi raccogliere le firme a tuo sostegno. Cos’è successo? Nelle commissioni statali incaricate di nominare gli osservatori c’erano tutti dipendenti dello stato, quindi collaboratori del regime, che hanno fatto quello che voleva il regime. Hanno bocciato tutti i candidati che concorrevano come osservatori indipendenti e hanno assegnato dall’alto osservatori governativi. Nei pochi seggi dove sono riusciti ad entrare gli osservatori indipendenti, li hanno ostacolato in tutti i modi possibili. Hanno riservato loro una scrivania a 20 metri da dove si votava, ostacolato la vista delle urne, venivano costretti a stare al loro posto oppure non gli veniva permesso di entrare.
Il caso italiano degli osservatori indipendenti
Questo clima c’era anche all’estero. Alla Ambasciata bielorussa in Italia hanno cercato di far di tutto per impedire che ci fossero gli osservatori indipendenti che abbiamo cercato di far nominare. Intanto per poterti candidare a fare l’osservatore devi essere sostenuto da dieci firme di bielorussi residenti in Italia titolari del passaporto bielorusso cosidetto “serie PP”. Molti beilorussi sono ufficialmente residenti in Italia, ma pochi sono registrati come tali dall’Ambasciata. Per cui trovare 10 con questi requisiti non è stato semplice. Comunque ce l’abbiamo fatta. Di fronte alla nostra determinazione, all’improvviso, quasi come fosse un miracolo, si sono presentati altri osservatori, che guarda caso erano dipendenti dell’Ambasciata. Poi il controllo diretto sul processo elettorale è stato manipolato in quanto gli osservatori sono stati divisi in fasce di orario: alla mattina si presentavano gli osservatori provenienti dalla diaspora, mentre nel pomeriggio era la volta degli osservatori dell’ambasciata o viceversa. I nostri due osservatori, tra mille peripezie, hanno cercato di svolgere il proprio ruolo, compreso il controllo dell’affluenza, ma in una situazione molto difficile. Fino al giorno delle elezioni in cui agli osservatori indipendenti è stato detto che non avrebbero potuto assistere allo spoglio e alla conta dei voti. Così abbiamo deciso di fare una raccolta firme sotto forma di petizione per richiedere l’accesso agli osservatori indipendenti. Abbiamo raccolto più di 100 firme, tra le persone che stavano aspettando di votare e i nostri osservatori hanno potuto entrare.
Per tutte le giornate in cui si è votato abbiamo fatto un banchetto nelle vicinanze dell’Ambasciata per contare i votanti, che era l’iniziativa del sondaggio elettorale indipendente della diaspora bielorussa internazionale alla quale hanno aderito le diaspore di più di 20 paesi.
Alla fine, il protocollo dello spoglio elettorale a Roma dimostrava che Svetlana Tikhanovskaya aveva stravinto. Questa vittoria è stata possibile perchè dall’ambasciata ci hanno visto presenti tutti i giorni, dalla mattina alla sera, e quindi non potevano dichiarare il falso.

Un ringraziamento particolare a Ekaterina Ziuziuk e a Supolka per la disponibilità.

Per tenerti informato segui Associazione Bielorussi in Italia “Supolka”

Articolo curato da Alice Foti e Giulia Marchesi – Università di Padova


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