Febbraio 1999 – Ariete in Piazza Kurdistan

Quasi all’improvviso arrivano a Roma per sostenere il loro leader Ocalan. Sono i curdi. A migliaia da tutta Europa.

Ocalan è arrivato nel dicembre 1998 per chiedere asilo politico, dopo una odissea in vari stati europei.

I curdi si accampano in piazza per affermare un’altra verità scomoda per l’Europa. La verità di quello che avviene in Turchia e non solo. La continua violazione dei diritti della comunità curda materializzata dalla storia del loro leader Ocalan.

Mentre si sta per andare in guerra contro la pulizia etnica di Milosevic, la complicità nella repressione dei curdi dimostra come la bilancia della giustizia internazionale abbia per lo meno due pesi e due misure. Quello che da una parte viene definito inaccettabile in altri luoghi viene mantenuto inalterato. Una dimostrazione dell’ipocrisia dell’ordine internazionale che la vicenda curda ha ben dimostrato.

Una ipocrisia dall’alto che unisce governo di centro-sinistra italiano, governi europei e le cosidette istituzioni internazionali.

La vicenda, che ha dell’incredibile, porta a scaricare Ocalan in Kenya a febbraio 1999 dove sarà arrestato dai turchi, che da allora lo tengono nel carcere di Imrali in isolamento.

Tutti i vari livelli di potere ed istituzionali italiani, ancora a distanza di più di vent’anni, cercano di negare la loro complicità nella scelta di lasciare Ocalan ai Turchi, ma come dice una vecchia canzone … “per quanto voi vi crediati assolti, siete tutti coinvolti …”.

A Roma, il 20 febbraio 1999, dopo le settimane passate in piazza insieme a uomini e donne curde, durante un corteo contro l’arresto di Ocalan, parecchi compagni e compagne decidono con una ariete di sfondare l’entrata della Turkish Airline, campania aerea turca.

Un modo materiale di esprimere il proprio rifiuto alle scelte repressive portate avanti dal governo turco ma anche un modo diretto di denunciare l’intreccio economico e di interessi che lega l’Italia e l’Europa alla Turchia, garantendone l’azione e di conseguenza coprendone la violazione dei diritti umani.

L’azione alla Turkish Airline farà discutere.

Ed è una discussione chiara: la rivendicazione che si possono materialmente sfidare i simboli, che questo orizzonte di rifiuto può passare dalle parole ai fatti, mettendosi in gioco anche qui nelle nostre città come fanno giorno dopo giorno tanti nostri fratelli.

Ma la valenza politica dell’azione alla Turkish Airline non passa inosservata e ecco che la zelante magistratura prova a dare un segnale: alcuni compagni vengono inquisiti.

Di fronte a questi arresti parte una grande mobilitazione caratterizzata dallo slogan “Dietro lo scudo c’ero anch’io”, proprio per segnalare che l’ariete contro la Turkish Airline è un gesto collettivo. E’ la ricerca di costruire con pratiche innovative uno spazio comune capace di essere radicalmente conflittuale con il presente e di prefigurare l’Europa che vogliamo, basata su diritti e libertà.

Non è un caso se gli scudi, che proteggono chi sfonda con l’ariete il simbolo del potere turco, portano ancora la scritta Semira Vive apparsa a Trieste durante le proteste contro il CPT per ricordare la giovane immigrata morta nelle frontiere europee.


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