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Calderon: tutti in casa. Il paese chiude per 5 giorni

Matteo Dean - Il Manifesto

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  • 700/700 Messico

Il Presidente Felipe Calderon, attraverso il Ministero della Sanità, ha decretato la chiusura totale di ogni attività dal primo al cinque maggio. Approfittando che proprio il 5 maggio è festa nazionale, il governo chiude i battenti e chiede a tutti i governi locali di fare lo stesso. Esclusi dal provvedimento, gli ospedali ovviamente, così come le farmacie, la rete dei trasporti, le banche, i supermercati, i benzinai e il servizio di raccolta rifiuti.
Una svolta ulteriore ratificata dall’invito trasmesso in catena nazionale a «restare tutti a casa». Ma il lungo ponte vacanziero rimane un’incognita, alla luce del fatto che già mezzo milione di cittadini avrebbe abbandonato la capitale in questi ultimi giorni a causa dell’allarme epidemia e dell’abitudine estesa ad approfittare delle giornate di vacanza per una gita fuori porta, magari sino alla vicina Acapulco, meta ambita degli abitanti della capitale.
E assieme alle prime ammissioni di colpa - «in Messico si muore di più perché ci siamo mossi tardi», Ministro dixit - ed alla conferma che le tanto diffuse mascherine sarebbero praticamente inutili ad evitare il contagio, il Presidente Calderon accetta che un danno economico ci sarà.
Non saranno solo le variabili macroeconomiche a rivelarlo - si calcola una perdita di circa il 0,5% del PIL - ma anche le tasche di quanti non stanno lavorando. Ma spiega: «È un sacrificio per tutti, ne vale la pena». Peccato che sinora non abbia ancora svelato dove e come saranno spesi i 630 milioni di dollari stanziati dal governo per la crisi e i 205 ricevuti come prestito straordinario da parte della Banca Mondiale.

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