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L’Amazzonia continua a morire

Si dimette il Ministro dell’Ambiente Marina Silva

Ya Basta Reggio Emilia

In questo articolo si parla di:

  • 202/665 Brasile

L’Amazzonia, polmone verde del pianeta continua a morire. Pare che sia una morte molto più veloce di quella che pensavamo di conoscere e questa volta la colpa, almeno secondo Greenpeace, è del presidente brasiliano Lula.

Con il rapporto “The lion wakes up”, pubblicato recentemente, Greenpeace denuncia l’inadeguatezza del governo Lula per fermare la deforestazione in Amazzonia. La seconda parte dell’anno 2007 ha fatto registrare livelli record di deforestazione in Amazzonia, con oltre settemila Km2 di foresta tagliata a raso. Si tratta del secondo picco di deforestazione mai raggiunto negli ultimi 10 anni.

L’ambizioso progetto d’azione attivato dal presidente Lula che coinvolgeva 13 ministri non è stato efficace come la comunità internazionale si sarebbe aspettata.

Nel rapporto vengono presentati dei dati che indicano inconfutabilmente come nel corso del 2007 la deforestazione della foresta amazzonica sia aumentata sensibilmente. E mentre migliaia di ettari di Amazzonia andavano in fumo, il presidente Lula presentava all’ultimo forum sul clima della Nazioni Unite di Bali un’immagine un po’ troppo ottimista dei risultati ottenuti nella lotta alla deforestazione in Brasile.

La tutela dell’ambiente, in Brasile, è passata in secondo piano. Il governo Lula la considera un freno allo "sviluppo".

Così la ministra dell’Ambiente, Marina Silva, si è dimesso dal proprio incarico, denunciando "le difficoltà incontrate nell’implementare l’agenda federale di protezione ambientale" e, in particolare, la mancanza di un sostegno dell’esecutivo nella sua battaglia per la difesa dell’Amazzonia.

Il governo tutela il latifondo, l’agro-industria e punta sullo sviluppo degli agro-combustibili. Il presidente Lula, al secondo mandato, non ha rifiutato le dimissioni.

Marina Silva, ministra dell’Ambiente dal 2002, figlia di "seringueiros" nordestini, è nata a Seringal Bagaso, una sperduta piantagione di caucciù nello stato amazzonico dell’Acre, all’estremità nord-occidentale del Brasile. Ha trascorso un’infanzia povera, aiutando il padre nell’estrazione del lattice dagli alberi della gomma e la madre nei lavori del campo. Analfabeta fino ai 17 anni, come la maggior parte delle persone della zona, Marina è considerata la voce principale dell’Amazzonia e l’erede di Chico Mendes, il sindacalista ucciso nel 1988 per le sue lotte a favore dei "senza diritti".

In una dichiarazione della Segreteria Nazionale, il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra sottolinea gli errori commessi dal Governo Lula (accordi sugli agrocombustibili e incentivo alle monocoltivazioni, svendita dell’Amazzonia, privatizzazioni di fiumi e dighe,..) e afferma di comprendere le ragioni delle dimissioni di Marina: " il Governo Lula è in debito con il popolo brasiliano a causa delle sue politiche ambientali", conclude il comunicato.

Approfondimenti:

- 5 Giugo ’08: Documenti invecchiati con i grilli, e l’Amazzonia sparisce pian piano

- 4 Maggio ’08: Lettera aperta in difesa dell’Amazzonia e della biodiversità

- 6 Marzo ’08: Greenpeace contro il governo Lula: "Sull’Amazzonia è un fallimento"

- 5 Marzo ’06: Lula mette in affitto l’Amazzonia

- 20 Maggio ’05: «L’Amazzonia muore». Accuse a Lula

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