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Con Oblò: diritti con Joan Baez

Martedì 28 luglio Giardini della Rotonda in Piazza Mazzini "JOAN BAEZ: HOW SWEET THE SOUND"

Associazione Ya Basta Padova

In questo articolo si parla di:

  • 195/700 Diritti umani
  • 58/700 Rassegna Oblò
  • 14/700 Stati Uniti

La seconda serata diOblò al CinemaUno Estate ci porta dritto nel cuore degli States, con la proiezione in prima visione cittadina di JOAN BAEZ: HOW SWEET THE SOUND di Mary Wharton. Dopo la vita raccontata in Ai Wei Wei, attivista per le libertà in Cina, passiamo ad un’altra figura da sempre impegnata per i diritti civili ma in tutt’altro contesto, quello americano, si tratta di Joan Baez. Ambedue nominati quest’anno da Amnesty International "Ambasciatori della Coscienza", Ai Wei Wei e Joan Baez, pur avendo vissuti ben diversi, ci raccontano come l’arte e la cultura possono essere potenti strumenti di lotta sociale se basati sulle scelte, sullo schierarsi, come è nel loro caso, per la libertà, la libertà e i diritti.

Come abbiamo visto l’altra settimana con ilbel film dedicato alla vita di Ai Wei Wei (che consigliamo veramente a tutti) attraverso le vicende e le scelte di alcune donne ed uomini si può guardare più in là, scorgere il contesto, le radici di un epoca, di una problematica, in poche parole della storia.

Con JOAN BAEZ: HOW SWEET THE SOUND viaggeremo nell’altra america, quella delle grandi mobilitazioni per i diritti civili, dell’opposizione alla guerra, della denuncia del potere delle banche e delle multinazionali e della lotta alle opere di devastazione ambientale come il fracking.

Nella serata Edizioni BeccoGiallo, dalla sua vasta scelta editoriale, proporrà alcuni titoli dedicati a biografie di antanti impegnati socialmente.

Non mancare!

Martedì 28 luglio ore 21.30
JOAN BAEZ: HOW SWEET THE SOUND
di Mary Wharton.
Il primo documentario completo sulla vita e l’impegno politico della cantautrice ci porta attraverso le più importanti mobilitazioni sociali negli States.

Joan Baez: How Sweet The Sound from Mary Wharton on Vimeo.

Written, Produced and Directed by Mary Wharton for WNET "American Masters"

Dall’intervista fatta con Repubblica in occasione dei concerti di Joan Baez in Italia

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Joan Baez


Com’è cambiato in questi anni il suo rapporto con la musica?

"Non è cambiato, è la mia vita non solo il mio lavoro, non sarei me stessa senza la musica. Ma sono passata attraverso molte fasi, all’inizio amavo andare in scena da sola con la chitarra, poi la musica si è fatta via via più complessa e ricca. Nel nuovo show con me ci sono un percussionista e la mia assistente che però è anche una bravissima cantante. E un polistrumentista che suona sette strumenti diversi. Sul palco accadono molte cose".

Non le interessa la tecnologia?

"Al contrario, trovo che il progresso tecnologico sia fondamentale, che le giovani generazioni debbano imparare a usare i nuovi strumenti con attenzione. Ma la dimensione umana non può essere svalutata o messa da parte, specialmente quando si tratta di musica".

Lei usa tablet, smartphone...

"Ho letto un’intervista a un neuroscienziato che diceva che tutta questa faccenda del multitasking non è fatta davvero per noi essere umani. È molto difficile fare anche solo due cose contemporaneamente, non ci riesce quasi nessuno, forse solo i piloti d’aereo. Per gli altri è solo distrazione, dividiamo attenzione e energie e le disperdiamo. Quindi incoraggio la gente a mettere giù il cellulare anche per pochi minuti e fare magari una passeggiata rendendosi irreperibili. Ho provato a farlo con mia nipote, per lei è stato una sorta di shock culturale, ma credo le abbia fatto bene".

La sua vita è stata caratterizzata dal coraggio.
"Quando fai una cosa che pensi sia importante non ti senti particolarmente coraggioso, la fai e basta. Sono cresciuta pensando che l’unico modo per cambiare sia prendersi qualche rischio. Ora tocca ai ragazzi: loro dovranno scegliere di prendersi qualche rischio per cambiare".

Cosa la spinge ancora a cantare?
"Potrei dire semplicemente che non ne posso fare a meno, ma è un mistero anche per me. Non scelgo le canzoni che canto. Lo so che suona stupido, ma sono loro a cercare me, atterrano in qualche posto del mio cuore. Di certo è ancora valida la combinazione musica/politica, è quella in cui mi sento più a mio agio e che mi spinge ad andare avanti".

Perché oggi è più difficile sentire canzoni che abbiano temi sociali e politici?

"Perché la politica è dispersiva. Negli anni 60 avevamo un obiettivo chiaro e condiviso che era quello dell’opposizione alla guerra in Vietnam, adesso di obiettivi ce ne sono moltissimi, scrivere canzoni che possano parlare a tutti è molto più complicato".

Alcune canzoni di ieri parlano ancora al pubblico di oggi. James Taylor pochi giorni fa era con John Kerry a cantare You’ve got a friend come messaggio dell’America alla Francia colpita dal terrorismo.

"Bellissimo: Francia e America unite da una canzone. Il mio paese è un miscuglio di cose diverse, bellissime e terribili, ma credo che il gesto di Kerry, l’aver ammesso che non essere andati a Parigi il giorno della manifestazione dei capi di Stato è stato un errore, non sia così usuale per la politica di oggi. I politici, specialmente in America, preferiscono mentire".

Qual è la sua canzone preferita?
"Difficile rispondere, cambia ogni giorno. Come tutti, canto sotto la doccia, è quella la canzone che ti porti dentro. La verità è che amo tutto quello che ho cantato: ogni canzone è stata scelta per un motivo, ognuna è stata importante".

Quindi in concerto cosa ascolteremo?

"Oh, davvero molto. Ho 55 anni di repertorio a disposizione! Ci saranno i miei classici, ma non mi basta confermare le certezze del pubblico. E poi ci sono le cose che il pubblico italiano vuole sentire. Soprattutto le mie storie: parlo ancora tanto durante i concerti e quando sono in Italia mi piace farlo in italiano, per avere un rapporto più diretto con chi mi ascolta".

La canzone può ancora cambiare il mondo?
"La musica cambia la vita di chi la ascolta e la rende più ricca, un risultato non piccolo, le pare? "

22

Luglio

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