Si è chiuso dopo due giornate di dibattito, il Primo festival Mondiale delle resistenze e ribellioni contro il capitalismo. Ad ospitare la chiusura dei lavori il Cideci, Università della Terra, un’esperienza inedita di formazione per giovani indigeni e di approfondimento teorico, che si trova alla periferia di San Cristobal.
Le due giornate iniziano nell’auditorio gremito ancora una volta con i parenti e gli studenti di Ayotzinapa. A parlare per prima Berta Nava, madre di Julio César Ramírez Nava, assassinato il 26 settembre ad Iguala che racconta il dolore dell’identificazione del figlio e conclude ringraziando l’EZLN per aver voluto cedere a loro il posto centrale nel Festival, Mario Cruz, zio di Benjamín Ascencio Cruz, desaparecido, denuncia come il governo cerchi di adossare la responsabilità alla "delinquenza organizzata" ma aggiunge "noi diciamo che è il governo la delinquenza organizzata". Parlano poi Bernabé Abraján, padre di Adán Abraján de la Cruz e Óscar García Hernández, fratello di Abel García Hernández che chiedono giustizia per le tante Iguala che ci sono in tutto il Messico.
Arriva all’improvviso un’intervento telefonico. E’ Mario Luna dal carcere di Sonora. Il portavoce del popolo Yaqui è in carcere da settembre insieme ad un suo compagno. La loro colpa: lottare in difesa del territorio e dell’acqua contro i progetti di privatizzazione elle risorse idriche nel nord del paese. Sono uno dei tanti casi, denunciati in questi giorni dalle organizzazioni dei diritti umani, in cui attivisti politici e sociali vengono arrestati sulla base di accuse false e pretestuose. Dal penale di Sonora Mario saluta l’EZLN e il CNI e fa un appello a continuare la lotta. Non sarà questo l’unico intervento dal carcere, infatti anche i detenuti de la Vox de l’Amate interverrano telefonicamente il giorno dopo.
A chiudere gli interventi di Ayotzinapa sono Lambertino Cruz e Omar García, studente della Normal Rural.
Da quel momento inizia la lunga lettura dei riassunti degli interventi che si sono svolti nelle tre tappe precedenti a San Francisco Xochimilco,Amalzingoe Monclova.
Poi si apre la discussione che dura con un fiume di interventi anche il giorno dopo. Come spesso succede in queste occasioni si mischiano interventi di realtà collettive, quelle indigene del CNI e delle urbane della Sexta, con interventi di singoli. Molti interventi sono dedicati alla proposta di boicottare le elezioni locali del 2015 di fronte all’impresentabilità trasversale dei partiti messicani, altri descrivono lotte e mobilitazioni, parlano anche alcuni internazionali. A tutti viene lasciata la parola. Il che trasformerà la relazione di riassunto degli interventi per certi versi in una babele di temi.
La parte conclusiva si apre con un intervento del CNI che riafferma a nome anche dell’EZLN, come ci sarà scritto anche nel testo conclusivo degli organizzatori del Festival che viene letto alla fine tra applausi e slogans, che resterà deluso chi si aspettava un programma su come fare la rivoluzione "domani". Il senso del Festival è aprire una possibilità nella lunga e difficile strada della condivisione intesa non come un calendario di date ed un percorso precostituito ma come un attitudine, un camminare ricostruendo e tessendo in forma autonoma quel che il capitalismo distrugge.
"Bisogna organizzarsi nei propri territori" sottolinea in portavoce indigeno, "noi come popoli indigeni lo stiamo facendo anche attraverso il CNI che però non è un’organizzazione ma uno spazio di condivisione che non detta le scadenze ma indica delle prospettive comuni", e continua "noi ci proviamo, e ci pare che tanta strada vada ancora fatta in questo cammino dalla Sexta Nacional",riferendosi alle realtà non indigene. Il Festival è stata una prima occasione.
Per i popoli indigeni la strada dell’organizzazione affonda le radici in una storia ed identità comune, su cui oggi si basa la lotta e la ricerca di autonomia, come abbiamo potuto ascoltare nel Festival e come l’esperienza dell’EZLN dimostra in Chiapas continuando un inedito esperimento di autogoverno, pur tra mille difficoltà.
E’ la stessa matrice, una radice comune, quella di essere curdi, che dall’altra parte del globo porta attraverso l’elaborazione innovativa del PKK, la sua organizzazione a ragionare di un autonomia che parla di un futuro diverso per la Siria, la Turchia e non solo.
Ma dove manca una radice comune, un’identità d’appartenenza, come si costruisce una pratica comune? E’ questa la questione che resta aperta in questo Festival, come per tutti noi, per chi lotta nelle realtà urbane.
Come. per quanto riguarda il Messico, tornando al Festival, si può intrecciare lotte e realtà tra loro molto diverse? Ovviamente non c’è una risposta, data e precostituita, si tratta di "caminar con passo pequeno ma firme" ...
La babele degli interventi messicani al Festival indica che di strada da fare ce n’è tanta, che CNI e l’EZLN la loro strada la stanno facendo e hanno messo a disposizione uno spazio, il Festival, per aprire la discussione. Al centro di queste giornate hanno voluto mettere i familiari di Ayotzinapa, la loro richiesta di "justicia y presentación con vida" degli studenti perchè "dal dolore può nascere una rabbia degna" e si possono forse aprire cammini collettivi.
Abbiamo avuto modo di comprendere, durante la nostra presenza in Messico, quante realtà diverse esistano nel paese. Ovviamente non tutte hanno partecipato al Festival, che peraltro ha visto la partecipazione non scontata di situazioni collettivi come ad esempio dal Guerrero e non solo, che non appartengono alla Sexta, ovvero non aderiscono alla proposta uscita dall’EZLN nel 2005.
Ad esempio proprio nella giornata in cui chiude il Festival a San Cristobal, in Guerrero si svolge l’Asamblea Nacional Popular presso la Normal di Ayotzinapa, che raggruppa realtà diverse da quelle presenti al Festival, in cui vengono lanciate le prossime date di mobilitazione. Tutto questo mentre nella zona continuano ad essere occuoati diversi municipi e non si fermano le iniziative.
Intanto il Presidente Pena Nieto si trova in America ed incontra Obama. Il massacro di Tlatlaya, 22 giovani uccisi a sangue freddo dall’esercito con la falsa giustificazione, ben presto caduta, che "erano delinquenti" morti in un "conflitto a fuoco" e quello di Iguala, con la desaparicion dei 43 studenti, risuonano anche nele sale ovattate del meeting. Le parole formali celano a mala pena l’imbarazzo ufficiale per quel che sta succedendo in Messico e il discorso sulla "sicurezza nel paese e la cooperazione in materia di lotta alla delinquenza", viene subito messo in secondo piano per parlare di politiche d’immigraziane, elogiando da parte di Pena Nieto le scelte interne di Obama in materia di ricongiungimenti familiari per i migranti messicani che abbiano determinati requisiti e i cambiamenti negli scenari centroamericani con le scelte del governo americano verso Cuba.
A far risuonare quel che sta succedendo in Messico ci pensano i manifestanti che fanno sentire i propri slogans in manifestazioni e sit-in, parte della comunità messicana e le organizzazioni dei diritti umani, come Human Rights Wtachs, i sindacati che nei giorni precedenti e durante la visita continuano a tempestare la Casa Bianca con la denuncia di quel che sta succedendo in Messico e di cui Tlatlaya e Ayotzinapa sono solo le ultime drammatiche vicende.
Pronunciamiento del Primer Festival Mundial de las Resistencias y Rebeldías contra el Capitalismo
A los pueblos del mundo.
Desde Chiapas, México, levantamos nuestra palabra para dirigirnos a las mujeres y hombres de abajo, del campo y la ciudad, en México y el mundo, a los y las que sembramos resistencias y rebeldías en contra del capitalismo neoliberal que todo lo destruye.
Nos reunimos los días 21, 22 y 23 de diciembre en la comunidad ñahtó de San Francisco Xochicuautla, Estado de México; los días 22 y 23 de diciembre en la comunidad nahua de Amilcingo, Morelos; los días 24, 25 y 26 de diciembre, en el espacio del Frente Popular Francisco Villa Independiente, en la Ciudad de México; los días 28 y 29 de diciembre en la comunidad de Monclova, Campeche; los días 31 de diciembre y primero de enero en el Caracol Zapatista de Oventic, Chiapas; los días 2 y 3 de enero en el CIDECI de San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Nos reunimos para hacer comparticiones, que no solo es compartir, sino aprender y construir juntos. Comparticiones que fueron crecidas con un profundo dolor que es nuestro y una rabia que es nuestra, por la desaparición y asesinato de los estudiantes de la Normal Rural Raul Isidro Burgos de Ayotzinapa, Guerrero. Acto criminal que es a su vez el reflejo de la política de muerte que los malos gobiernos y los capitalistas han proyectado en cada rincón del país y del mundo, pues ellos, los que nos faltan son nuestros desaparecidos y no dejaremos de luchar hasta encontrarlos desde lo que somos en la Sexta Nacional e Internacional, en el Congreso Nacional Indígena, en el Ejército Zapatista de Liberación Nacional.
Los capitalistas y sus capataces de los malos gobiernos han dejado una destrucción en el corazón de los individuos que somos y han dejado una gran destrucción en el corazón colectivo que somos, como somos, los pueblos, los padres y madres de los jóvenes que nos arrancaron y las organizaciones solidarias decididos a reconstruir la vida donde los poderosos han sembrado luto y muerte.
En las comunidades indígenas que somos, los embates del sistema capitalista se sufren con la sangre y con el dolor de nuestros hijos, que son también el único futuro posible para este planeta al que llamamos Tierra, en el que en medio de las distancias y de los diferentes colores que nos hacen ser y nos hacen existir mantenemos la certeza de que es nuestra madre y de que está vivo, y que para que así siga siendo, la justicia es una demanda que se teje con las acciones y las convicciones de los que somos el mundo de abajo, los que no aspiramos a gobernarlo sino a caminar construyéndolo.
Desde los océanos, las playas, las montañas, las ciudades y los campos, construimos y reconstruimos junto con las asambleas, organizaciones y colectivos que tejen de diversas formas autónomas los espacios y las formas de organización y solidaridad que son capaces no solo de contener esta destrucción capitalista que no distingue pueblos o colores y que en su ceguera crónica solo reconoce todo aquello que alimente esa misma destrucción vestida de guerras permanentes, mercados injustos y descomunales ganancias para unos pocos, valores ajenos a los pueblos y contrarios a los antiguos acuerdos con nuestra madre tierra que dan sentido a la vida en el mundo, que nos dan libertad y nos hacen dignas, dignos de vivir y defender la vida.
Pero los capitalistas que dicen gobernar y que en realidad solo buscan dominar, administrar y explotar, tienen un límite, una barrera grande, en la dignidad de una persona, de una familia, de un colectivo, de una sociedad a la que han dañado en lo más profundo, a la que han arrancado y matado una parte de su corazón, detonando una explosión de rebeldía como la que ha iluminado este Festival Mundial de las Resistencias y las Rebeldías en contra del capitalismo al que llamamos “Donde los de arriba destruyen, los de abajo reconstruimos” porque abajo estamos, desde abajo entendemos el mundo, abajo lo cuidamos, abajo nos miramos unos a los otros y desde ahí, juntos, reconstruimos el destino que creíamos propio hasta que nos lo arrancaron los poderosos y solo entonces aprendemos, solo entonces sabemos que lo que es realmente nuestro es lo que podamos construir o reconstruir donde el capitalismo ha destruido.
El dolor que se convierte en digna rabia de los familiares de los estudiantes asesinados y desaparecidos de la escuela normal rural Raul Isidro Burgos es el dolor que nos secuestró y desapareció también a nosotros, así que nunca dejaremos de luchar hasta encontrarnos, junto con el hermano o la hermana asesinados, desaparecidos, torturados, explotados, despreciados o despojados en cualesquier punto de la salvaje geografía capitalista, en cualesquier frontera del mundo, en cualesquier cárcel.
Los caminos de los pueblos del mundo tanto en el campo como en la ciudad con su propio rumbo se conducen en el rastro dejado por sus propios ancestros, caminos que se dividen, se intersectan y cruzan con los nuestros, hasta que encuentran un mismo rumbo, marcado por la dignidad rebelde que habla en tantas lenguas y es de tantos colores como es la naturaleza misma que se teje con pequeños bordados para poder construir lo que necesitamos ser.
Así, hermanos y hermanas de este mundo dolido pero alegre por la rebeldía que nos alimenta, invitamos a seguir caminando con un paso pequeño pero firme, a seguirnos encontrando, compartiendo, construyendo y aprendiendo, tejiendo la organización desde abajo y a la izquierda de la sexta que somos. Sólo de nuestra rebeldía y de nuestra resistencia nacerá la muerte del capitalismo, vivirá un nuevo mundo para todos, para todas.
San Cristóbal de las Casas, México a 3 de enero de 2015.
CONGRESO NACIONAL INDÍGENA
EJÉRCITO ZAPATISTA DE LIBERACIÓN NACIONAL
SEXTA INTERNACIONAL
SEXTA NACIONAL
MATERIALI DA RADIO ZAPATISTA
Intervento dei familiari di Ayotzinapa al Cideci
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Interviste con:
Salvador Campanur Sánchez, di Cherán, Michoacán, del Congreso Nacional Indígena,
Rosa Elba Jiménez Gutiérrez della Tribu Yaqui
Evaristo Domínguez Ramos, de Santa María de Ostula, Michoacán,
Silvia Marcos e Jean Robert