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Le ragioni del conflitto e la repressione del popolo mapuche in Chile

Tratto dalla trasmissione ’Caminantes’ dell’Ass. YaBasta!

Associazione Ya Basta Caminantes

In questo articolo si parla di:

  • 144/700 Argentina
  • 113/700 Cile
  • 186/700 Wallmapu (Territorio Mapuche)

Alla base dei principali conflitti che il popolo Mapuche sostiene in Cile c’è lo sfruttamento del territorio da parte di grosse imprese del settore minerario, turistico, energetico e in particolar modo forestali che praticano la monocoltura intensiva di speci esotiche (pini, eucalipto ecc.) al fine dell’esportazione di legname.

Quello che si sta verificando negli ultimi anni è un aumento esponenziale dello sfruttamento del territorio ancestrale che implica forti danni economici, sociali e culturali alle comunità Mapuche, obbligando i ‘comuneros’ al trasferimento forzato e a rifugiarsi ai margini delle città, a vivere in condizioni disagiate e degradate, con conseguente disgregazione delle comunità stesse e costretti ad essere oggetto di sfruttamento offrendo manodopera a basso costo pur di recuperare denaro per vivere.

Per farci un’idea dell’entità dell’operazione, dobbiamo pensare a un’attività che ha un volume di esportazione annuo superiore ai 2.000 milioni di euro, in continua espansione con la prospettiva di poter raggiungere i 4.000 entro il 2010 e gli oltre i 7.000 milioni di euro entro il 2025.

Per ottenere questo incremento si renderà necessaria la duplicazione del territorio utilizzato per l’attività boschiva, fino a raggiungere i 5 milioni di ettari piantumati da sottrarre all’attività agricola.

A supporto delle piantagioni industriali ci sono leggi promulgate durante la dittatura militare di Pinochet che hanno distribuito concessioni per sfruttare territori sempre più ampi, favorendo la concentrazione di grandi quantità di terra in poche mani nelle quali finiscono pure i sussidi statali erogati per sostenere l’attività boschiva. Il susseguirsi di differenti governi non ha cambiato questo comportamento caldeggiato dalle potenti imprese forestali nazionali e transnazionali.

Oltre allo sradicamento delle comunità dai loro territori, fra i vari scompensi che l’attività boschiva porta nei territori interessati dalle piantagioni industriali di monocoltivo, è la sparizione del sottobosco che produce l’eliminazione di tutta una serie di piante commestibili e alle quali gli originari attingono principi attivi per sviluppare la loro medicina naturale, ma che sono anche l’habitat di parecchie tipologie di animali, costretti a scappare verso altre località magari più impervie e non raggiunte dallo sfruttamento dell’uomo.

Il generale impoverimento della terra è dovuto sia alla contaminazione dell’acqua e dell’ambiente causato dall’utilizzo da parte delle imprese di concimi e pesticidi che rendono inservibili fiumi e fonti, ma anche più semplicemente dai differenti tempi di penetrazione che l’acqua meteorica ha nel terreno, privato dei rallentamenti che il sottobosco genera; un fenomeno che manifestato in così grande scala interferisce negativamente sull’apparato idrogeologico di tutta la regione.

Per far fronte in qualche modo a questa ulteriore invasione e allontanamento forzato dai territori, il Popolo Mapuche si è organizzato aumentando le mobilitazioni per il recupero dei diritti politici e territoriali, organizzando da una parte campagne internazionali di informazione sullo sfruttamento dei territori e dall’altra veri e propri recuperi delle terre che storicamente appartengono a loro e che sono state loro tolte.


Per contrastare queste iniziative lo stato Cileno ha organizzato
campagne mediaticherivolte a generare il mostro mapuche, come popolo violento, non rispettoso delle regole comunitarie, in modo da essere giustificato ad intervenire in maniera anche violenta e mettere in atto pesanti provocazioni, instaurando vigilanza permanente nelle comunità con continue pressioni verbali e fisiche, vietando loro di entrare nei boschi e compiendo atti di violenza con botte, spari, sequestri e minacce di morte da parte di carabinieri, polizia e civili non identificati, in stile paramilitare, come recentemente denunciato dall’"Observatorio de Derechos de Pueblos Indigenas".

Vere e proprie persecuzioni, a volte sfociate nell’omicidio di giovani Mapuche che puntualmente rimangono impuniti, ultimo dei quali il 3 gennaio 2008, conl’omicidio di Matias Catrileo, attivista mapuche di 23 anni, colpito alle spalle da una pallottola sparata ad altezza d’uomo a scopo intimidatorio dal fucile di un carabiniere, per disperdere una manifestazione durante un’occupazione simbolica di un terreno.
A distanza di 25 giorni il carabiniere che materialmente lo ha ucciso è già in libertà.

Mediante il potere esecutivo e giudiziale, viene sviluppato un attacco legale verso il Popolo Mapuche, per cui oltre che esercitare una politica repressiva aperta e sistematica contro le comunità, li hanno costretti ad affrontare numerosi processi, incarceramenti e persecuzioni.
Contro di loro vengono costruite accuse basate su testimonianze anonime e false prove rivolte a criminalizzare la causa Mapuche e che non fanno altro che confermare il tenore di persecuzione tipo politico finalizzata a proteggere gli interessi delle imprese nazionali ed estere.
Per fare questo Vengono applicate leggi speciali create dal regime militare di Pinochet per reprimere oppositori alla dittatura, come la legge antiterrorismo oltre alla legge di sicurezza interna dello stato; sono leggi che permettono di fermare gli attivisti, imprigionati anche solo perché fotografati in manifestazioni per la rivendicazione delle terre, che prima di essere processati e scagionati dalle accuse inconsistenti finiscono per trascorrere mesi e mesi di carcere preventivo


E’ con questi presupposti che il 13 marzo 2006 Patricia Troncoso Robles e altri tre prigionieri politici mapuche (accusati per incendio terrorista e condannati a 10 anni e un giorno e al pagamento di un indennizzo di + di 600.000 € all’impresa forestale MININCO) iniziano lo sciopero della fame nel carcere di Angol.
Le rivendicazioni erano libertà di tutti i prigionieri politici mapuche, la richiesta della non utilizzazione della legge antiterrorismo per i casi di contesa delle terre e la revisione del motivo per il quale sono stati condannati ingiustamente.

L’iniziativa si era conclusa a fine maggio del 2006 a seguito di negoziati con senatori membri del governo di Concertación nei quali in cambio di un accordo si decideva la fine dello sciopero della fame e l’inizio di un periodo di riabilitazione per i quattro detenuti che si trovavano nell’ospedale di Temuco.
L’impegno prevedeva di arrivare in breve tempo a un progetto di legge che portasse alla liberazione dei prigionieri politici mapuche imprigionati sulla base della legge antiterrorismo ritenuta anticostituzionale, al riconoscimento dei legittimi diritti dei popoli originari e la loro autonomia sociale attraverso ratifica del convenio 169 che è una convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), un’agenzia delle Nazioni Unite, e che costituisce la più importante legge internazionale sui popoli tribali. I governi che la ratificano si assumono formalmente l’obbligo di rispettarla.


La Convenzione riconosce i diritti di proprietà della terra dei popoli originari e stabilisce che essi debbano essere consultati ogni qualvolta vengono varati leggi o progetti di sviluppo che abbiano un impatto sulle loro vite. La 169 costituisce uno strumento di vitale importanza per la difesa dei popoli indigeni e va chiaramente in senso contrario agli interessi delle grandi imprese forestali.

Dopo che a distanza di più di un anno nessuna delle promesse fatte è stata mantenuta e il conflitto con il popolo mapuche è andato via via aumentando di intensità e violenza, il 10 ottobre 2007 Patricia Troncoso con altri detenuti politici nelle carceri cilene, ha ripreso lo sciopero della fame continuato per 112 giorni, fino al 30 gennaio 2007 mettendo a dura prova la loro vita.

Durante questo periodo ci sono stati atti di solidarietà da varie parti del mondo e raccolte firme di appello al governo cileno per la ratifica della convenzione 169 della ILO e per l’applicazione delle normali regole per l’arresto, il processo e la detenzione anche per i mapuche.
Al termine dello sciopero della fame, nel suo comunicato di ringraziamento a tutti quelli che si sono spesi per la sua causa e la causa dei mapuche, Patricia ricorda che i benefici che lei e gli altri hanno ottenuto (trattamento meno pesante in carcere) sono solo le regole a cui normalmente gli altri detenuti sono sottoposti, per cui non un regalo ma un atto di giustizia per i mapuche.
Riafferma che la causa del conflitto del popolo mapuche è principalmente il mancato riconoscimento dei diritti sul loro territorio e che non esistono convegni internazionali, riconoscimenti costituzionali o altre documentazioni che lo facciano valere, ma solamente l’organizzazione delle lotte dei fratelli.

Riconosce che il supposto sforzo fatto dalle autorità cilene in questa occasione, non sia nulla che va contro la volontà politica di favorire l’espansione delle imprese forestali, idroelettriche, aeroportuali, della cellulosa e progetti vari di depredazione e espropriazione delle risorse della natura, ma solamente una forma per cercare di ridare un’immagine presentabile dello stato cileno davanti all’opinione pubblica internazionale che con questa occasione è venuta a conoscenza di questi fatti di violenza.

Parlando di obiettivi afferma che c’è il bisogno di una linea politica comune che affronti il tema principale del conflitto: territorio ed autonomia e il diritto a sfruttarlo in forma completa, ribadendo l’importanza di approfittare delle reti di solidarietà esistenti nello stato e nel mondo, che in questa occasione hanno diffuso e solidarizzato con la causa del Popolo Mapuche.

links di riferimento

Mapuexpress - Informativo Mapuche

Periodico Mapuche Azkintuwe

vedi anche

YaBasta! intervista José Naím, mapuche cileno, che spiega qual è l’attuale situazione del suo popolo.

Intifada Mapuche en el sur de Chile

La lotta dei mapuche entra in una nuova fase

Modelo forestal chileno y Movimiento autónomo Mapuche:
Las posiciones irreconciliables de un conflicto territorial

¿Cuándo dejará la FAO de llamar "bosques"
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02

Febbraio

2008

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