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Acción Ecológica sulla sentenza Texaco

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In questo articolo si parla di:

  • 54/654 Ecuador
  • 143/654 Terra

La lotta contro la Texaco ha un lungo percorso composto da azioni di resistenza e rifiuto messe in atto da popoli indigeni, abitanti tradizionali di quei territori, lotte dei contadini in protesta agli abusi dell’impresa, missionari coinvolti con la gente, o ecologisti in contrasto a quello che si era trasformato come nel mito dello "sviluppo" per il paese basato sull’industria ello sfruttamento petrolifero.

Il caso di Texaco ha permesso di collocare sullo scenario politico vari temi: la disuguaglianza dei trattamenti con le transnazionali, la capacità delle imprese petrolifere di influenzare governi, le doppie regole nelle loro attività e gli abusi commessi contro la popolazione - e la natura - come parte dell’occupazione dei territori.

Il giudizio contro di Texaco (oggi Chevron), ritardato dall’impresa a suon di denaro, azioni legali e tentativi di ricatti, riuscì a farsi largo nel tempo a forza di costanza e perseveranza, di campagne di diffusione, grazie al contributo di centinaia di esperti che hanno elevato l’informazione sull’argomento, all’appoggio di cineasti, giornalisti, artisti, anche la solidarietà di altri paesi indigeni, contadini, ed altri che subiscono la stessa situazione e la collaborazione di decine di organizzazioni ecologiste nell’Ecuador ed il mondo.

La sentenza del giudice di Sucumbíos del 14 di febbraio del 2011 ha alcuni elementi importanti che vogliamo evidenziare. Innanzitutto il giudizio riconosce un’ampia gamma di impatti che comprendono inquinamento del suolo, delle fonti di acqua, effetti negativi sulla salute e seri effetti culturali e sociali nelle popolazioni locali. Per ognuno di essi il giudice ha stabilito un importo di risarcimento. I querelanti nel caso Texaco precisano che, sebbene non ci sia denaro che basti per compensare le vite umane ed i danni alla natura, l’importo stabilito dal giudice non riuscirà a coprire tutte le spese necessarie per il recupero della zona e chiederanno che si riveda la cifra.

Gli importi stabiliti equivalgono a qualcosa più di 5 dollari per barile di petrolio estratto. I guadagni per lo stato ecuadoriano per lo sfruttamento dell’industria petrolifera, in media non arriva a 5 dollari per barile perché è lo stato che paga i servizi di estrazione dato che quello che si garantisce in questo affare è il guadagno delle imprese. Se a questo aggiungiamo tutti i costi ambientali e sociali che non sono considerati ed il valore della sistemazione delle zone inquinate. Ovviamente, l’estrarre petrolio significa, da qualunque punto di vista, un cattivo affare per il paese.

Il secondo elemento della sentenza si relaziona con il danno morale del reato. Questo è concorde con i lineamenti della Corte Interamericana di Diritti Umani che quando parla di indennizzo comprende, oltre al ripristino e compensazione, la soddisfazione e garanzie di non ripetizione. Il giudice ha stabilito che l’impresa Texaco, oggi Chevron, debba chiedere scuse pubbliche agli abitanti della zona nel giro di 15 giorni, altrimenti l’importo fissato nella sentenza dollari verrebbe raddoppiato.

La scusa è senza dubbio un atto di soddisfazione e riparazione morale per le vittime, e per il paese. Implica riconoscere il delitto e pertanto essere soggetto di vigilanza per evitare la ripetizione del delitto, in Ecuador ed in altre parti del mondo.

Vedi anche:
  • I danni delle transnazionali in Latinoamerica

17

Febbraio

2011

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